Inizio dell’anno, tempo di bilanci…

2020. È arrivato senza che abbia avuto tempo di soffermarmi sul fatto che sta iniziando un nuovo anno, una nuova decade un nuovo decennio. Quest’anno compirò 25 anni, quindi il 2020 ha anche un significato personale, perché 25 è un traguardo ‘da adulti’ che segna in modo più tangibile una nuova fase della mia vita in cui in realtà sono già da un po’ ma non ho avuto tempo di fermarmi a pensarci. Quindi lo faccio adesso, un modo per tracciare il percorso fatto fin qui e fermare qualche riflessione che rispecchia questo periodo della mia vita, di cui questo blog è una cronaca indiretta. Questo post non avrà una grande coerenza tematica, ma riassume un po’ “il punto della situazione” nella mia vita.

Partiamo da un po’ di eventi significativi. Nel marzo 2018 ho ottenuto la laurea triennale in Sociologia, al termine di un percorso meraviglioso che mi ha fatto capire di appartenere a questo campo del sapere. Dopo la laurea mi sono iscritta a un corso di formazione in Genere, politica e istituzioni organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca, perché ero indecisa su che strada prendere per la laurea magistrale: una specializzazione più orientata verso le tematiche dello sviluppo turistico e territoriale o più verso la ricerca sociale pura? Mentre stavo seguendo questo corso, mi è stato chiesto di partecipare alla redazione di un progetto di intervento sugli stereotipi di genere (Be.St – Beyond Stereotypes) dando una mano ‘dietro le quinte’ alla stesura dei materiali-guida per le scuole per combattere gli stereotipi e implementare un’organizzazione e una didattica attente all’inclusività. È stata un’esperienza breve ma intensa, che si è conclusa con la presentazione del progetto nel novembre 2018.

Inoltre, quasi in contemporanea, nell’autunno 2018, sono stata coinvolta in un progetto di ricerca che è durato quasi due anni e di cui vi parlerò quando sarà concluso. È stata un’esperienza che mi ha dato la possibilità e la responsabilità di misurarmi in prima persona con il fare ricerca in ambito sociologico con uno sguardo di genere e che mi ha fatto definitivamente capire che produrre conoscenza scientifica sui fenomeni sociali è un’impresa a cui voglio dedicare la mia vita e, inoltre, che ci sono ancora moltissimi ambiti dove si possono dare contributi significativi e fare la differenza.  A volte, leggendo la letteratura scientifica su un argomento, può sembrare che tutto sia già stato detto e fatto, ma lavorando ‘sul campo’ a un progetto concreto ci si rende conto che le domande senza risposta o quelle per cui esistono risposte piccole e frammentarie sono molto di più di quelle su cui esiste un corpus di risposte consolidato. Questo progetto non è ancora finito e ha assorbito una parte significativa del mio tempo, ma ha significato anche imparare più cose di quante non abbia mai imparato in pochissimo tempo. Ho macinato libri e articoli accademici, imparato a utilizzare software per l’analisi dei dati, preso parte al lavoro sul campo. Ora che la fase più intensa del lavoro è passata, mi sembra che sia trascorsa un’eternità, ma è stato solo l’anno scorso. Il 2019 è un anno che è stato interamente definito dal lavoro, un anno faticoso che è passato troppo in fretta, ma anche un anno in cui sono passata – e me ne sono accorta solo dopo – dall’essere una studentessa ad essere qualcosa di diverso, ancora in transizione fra un ruolo ‘adolescenziale’ e uno ‘adulto’. Di certo, indietro non si può tornare.

Il 2019 è stato anche l’anno in cui io e il mio compagno abbiamo festeggiato il nostro ottavo anniversario. La nostra relazione è evoluta negli anni che abbiamo condiviso, attraversando insieme l’adolescenza e arrivando ad essere due giovani adulti. Per questo uso la parola ‘compagno’ piuttosto che ‘ragazzo’: dopo tanto tempo, credo che il nostro legame meriti una parola più forte che renda l’idea del fatto che desideriamo trascorrere le nostre vite insieme. Il sogno, per ora destinato a rimanere tale finché non avremo finito entrambi gli studi, è di convivere e poter stare insieme ‘da adulti’, con un piccolo spazio che sia solo nostro. Non parlo volentieri di questo perché so che è un traguardo che richiederà un lavoro e un reddito prima di poter diventare concreto, ma ci siamo trovati sempre più spesso a fare progetti per il futuro e a discutere delle nostre vite in termini di impegno civico e condivisione di uno stile di vita diverso da quello delle nostre rispettive famiglie d’origine, in cui riporre tutto ciò in cui crediamo e che ci definisce. Voglio però ricordare il 2019 come l’anno dei progetti, l’anno in cui abbiamo aperto il discorso sul nostro futuro con più concretezza, piuttosto che parlarne solo come una lontana speranza.

A ottobre del 2019 mi sono iscritta alla laurea magistrale in Analisi dei Processi Sociali, sempre presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca. Questo corso di laurea è la prosecuzione di Sociologia più orientata verso i metodi e le tecniche del fare ricerca, completando la formazione più teorica della triennale per costruire la ‘cassetta degli attrezzi’ dei sociologi. Fin dall’inizio è stato chiaro che si tratta di una sfida molto più impegnativa della triennale, in cui il salto di difficoltà è netto. Ciò è evidente fin dalla numerosità delle classi: se in triennale eravamo circa in 180, ora siamo in 20. Il corso è iniziato con un lavoro a progetto che – non mi vergogno a dirlo – mi ha portata sull’orlo di un burnout emotivo, nel senso che mi sono ritrovata sopraffatta da ciò che mi era richiesto, senza tempo per dormire a sufficienza, per staccare e smaltire lo stress e la tensione accumulati, al punto che alla conclusione del progetto ero così debole e fiacca che non sono riuscita a fare nulla per giorni. Ricordare a me stessa che questo mi è successo è necessario per tenere sempre presenti i miei limiti di essere umano e la necessità di proteggermi in termini di benessere emotivo facendo attenzione alle mie scelte, perché non esiste un esame che valga il sacrificio del proprio equilibrio mentale. Novembre 2019 è stato il mese forse peggiore della mia vita, un mese in cui ho sperimentato la sensazione opprimente di non potere fisicamente mettermi a fare altro che non fosse lavorare sul progetto per quell’esame.

Fra dicembre e l’inizio di gennaio ho preparato un altro esame, mettendoci tutta me stessa. Adesso che l’appello d’esami è finito, posso dire con orgoglio di non essere indietro. Porsi l’obiettivo di fare tutto nei tempi prestabiliti non è particolarmente saggio, ma sento che al termine di questi due anni mi attendono le ‘vere’ sfide: entrare nel dottorato di ricerca e diventare una ‘vera’ ricercatrice. Voglio essere all’altezza dei miei obiettivi. Questo 2020 inizia con la consapevolezza dei traguardi raggiunti negli ultimi due anni, che mi hanno trasportata, come dicevo, in una fase diversa della vita rispetto a quando stavo studiando durante la laurea triennale. È difficile definire la differenza perché sto ancora studiando, ma sento il futuro più vicino e sento che ciò che richiedo a me stessa e che l’ambiente intorno a me mi richiede è molto di più rispetto a prima. Sento anche di non poter più pensare a me stessa solo come studentessa, ma di dover fare il punto sui cambiamenti che mi hanno portata dove sono ora e sulle loro implicazioni.

Partiamo, di nuovo, dal principio. Ci sono le cose che ho fatto, ma ci sono anche le cose a cui ho rinunciato per poter fare spazio nella mia vita e nel mio tempo a questi progetti impegnativi. La prima cosa a cui ho rinunciato per avere più tempo e più energie mentali è stare sui social network: ho dapprima disattivato e poi definitivamente cancellato il mio account Facebook. Questo ha implicato anche rinunciare a svolgere attivismo femminista su Facebook, che negli anni delle superiori e della triennale è stato una parte molto importante della mia vita, attraverso gruppi e iniziative come Il Maschilista di Merda – MDM, La Friendzone non Esiste e Doppio Standard. So di aver contribuito a costruire comunità che all’epoca in cui le ho lasciate erano floride e vitali, comunità di cui ora non so più nulla ma che mi auguro continuino a prosperare e a svolgere la loro importante funzione di luoghi virtuali di dibattito e consapevolezza, ma anche dove le persone possono trovare sostegno e comprensione senza giudizi. Un po’ mi mancano. Ma ho dovuto rinunciarvi perché la gestione quotidiana di tutte queste interazioni virtuali era logorante sul piano emotivo e veramente molto onerosa in termini di tempo: dare ascolto alle persone e discutere di temi femministi non è qualcosa che si può fare con superficialità. Ho anche sacrificato il mio tempo per scrivere su questo blog, ma questo spazio è mio e non devo, per fortuna, rispettare nessuna scadenza o quota. Distaccarmi dai social network e dalla lettura delle notizie online mi ha dato più prospettiva sugli eventi, senza sentirmi appiattita sull’attualità che scorre a una velocità insostenibile per processare ciò che succede in modo compiuto. L’unica fonte di informazioni che seguo è lo show su YouTube Breaking Italy di Alessandro Masala, che posso ascoltare al mattino in treno. Inoltre, Alessandro è molto preciso nel documentarsi, espone il suo punto di vista argomentando con dati e confronti e contestualizza sempre i fatti in scenari e prospettive più ampi, rendendo le sue puntate interessanti anche oltre l’attualità istantanea. Oltre a lui, i programmi di attualità americani Last Week Tonight con John Oliver e Full Frontal con Samantha Bee, che affrontano problemi specifici unendo rigore fattuale e comicità che mi fa ridere davvero, mi danno una prospettiva su ciò che succede negli Stati Uniti che mi rende felice di vivere in uno Stato che funziona meglio degli USA. L’Italia ha tantissimi difetti, ma gli USA sembrano un ottimo prototipo di come governare ogni aspetto della cosa pubblica nel modo peggiore possibile, invece di intervenire per rimediare a problemi strutturali come povertà e disuguaglianza.
Un’altra cosa che mi ha dato il rinunciare a seguire il flusso delle notizie giorno per giorno, istante per istante, è lo scoprire che non è imbarazzante ammettere di non essere aggiornata su tutto quello che succede nel mondo, ma è perfettamente accettabile chiedere a un’altra persona di chiarire un attimo di cosa sta parlando. Mi ha dato inoltre la possibilità di scambiare la frammentarietà dei quotidiani con l’approfondimento dei libri, il che sembra un luogo comune ma è vero: il tempo per leggere che ho a disposizione è sempre destinato a diminuire, il che significa che devo scegliere di impiegarlo leggendo libri che abbiano valore oltre la contingenza della situazione, che possano contribuire alla mia formazione, darmi conoscenze che consolidino la mia preparazione in vista del futuro a cui voglio puntare, quello del divenire ricercatrice. Oppure, leggendo narrativa. Immergersi in altri mondi non è una perdita di tempo, ma un modo di nutrire la mente e rigenerarmi: nei periodi di stress, ho sentito più forte che mai il desiderio di leggere romanzi e mi sono buttata in autori che mi hanno avvinta in storie che ho divorato e amato: Keigo Higashino, Stephen King, Andrew Peterson e Brandon Sanderson sono i quattro scrittori nelle cui storie ho riposato la mente in questo anno appena trascorso e che consiglio a tutti. Coincidenza, si tratta anche di quattro generi diversi: il giallo per Higashino, l’horror/fantasy per King, l’azione militare per Peterson e il fantasy puro per Sanderson.

Fra i buoni propositi per quest’anno, oltre a continuare sulla strada che ho scelto, c’è sicuramente impegnarmi di più nell’ambito civico e cercare di vivere in modo più sostenibile, leggere tutti i libri che attendono nella pila dei non letti, che mi guarda dagli scaffali della libreria e dallo schermo del Kindle, e in definitiva avvicinarmi, passo dopo passo, a conquistare i miei obiettivi. Forse il 2020 non sarà un anno di grandi svolte e grandi progetti come lo è stato il 2019, ma se sarà un anno di consolidamento che mi porterà più vicina a ciò che voglio raggiungere, così sia. Di certo, mi impegnerò affinché sia così.

Plus ultra!

Auguri!

Care lettrici e cari lettori,

in occasione di queste festività vi auguro un Natale trascorso in compagnia di persone delle quali vi importi veramente, pieno di calore e risate, buon cibo e sentimenti sinceri. O, nel caso le convenzioni sociali ve lo impediscano (avete la mia solidarietà) vi auguro di riuscire a vivere tutto questo nei giorni successivi.

Vi auguro un Natale scintillante e di trascorrere i giorni successivi riposando, con un buon libro, un buon film o una buona serie TV – quelli che stavate pregustando da un po’, nei giorni frenetici che precedono le feste – in attesa dell’ultimo dell’anno e dei party.

E vi auguro un 2015 ricco di opportunità ma anche di serenità. Vi auguro di riuscire a realizzare ciò che vi sta a cuore, di stringere nuove amicizie, di trovare nuovi mondi dove stare per un po’, di riuscire a coltivare i vostri progetti.

Quanto a me, queste vacanze saranno dedicate al preparare l’esame di Sociologia, anche se non escludo di riuscire a ritagliarmi un po’ di tempo per finire di raccontare l’esperienza di Malta, in modo da poter cominciare l’anno nuovo mettendo per iscritto una serie di idee che attendono il loro turno da un bel po’.

Mi dispiace un po’ di non essere riuscita a seguire il blog come avrei voluto in questi ultimi mesi e mi brucerebbe non essere in grado di aggiornarlo con costanza nel 2015, dato che ho molto di cui voglio scrivere. Ma purtroppo temo che, almeno in parte, sarà inevitabile visti gli impegni con l’università. Il mio buon proposito per l’anno nuovo, in effetti, è riuscire a far quadrare tutto.

In conclusione, buon Natale e felice Anno Nuovo a tutte/i voi! E grazie per il fatto che mi seguite e per i vostri contributi ^^