2012 in review

I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2012 per questo blog.

Ecco un estratto:

600 people reached the top of Mt. Everest in 2012. This blog got about 4.000 views in 2012. If every person who reached the top of Mt. Everest viewed this blog, it would have taken 7 years to get that many views.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

Storia, arte, letteratura: la voce delle donne per comprendere il mondo

Il cervello degli uomini è la modalità A, principale, e quello delle donne la modalità B, alternativa. Per via di questa concezione, un residuo antiquato che considera ancora le donne inferiori all’uomo, in numerosi ambiti culturali l’opera maschile si considera come il paradigma normale, mentre quella femminile come un ambito separato, a sé stante e non confrontabile con il primo: è il caso della letteratura, ma accade anche con l’arte.

Questo crea come conseguenza che l’esperienza femminile nella cultura sia ridotta ad un ruolo marginale, citata di sfuggita nei libri di storia qualora ci sia un nome di spicco, o riassunta in corti paragrafi sulla condizione femminile in un determinato periodo. La storia è scritta dai vincitori, e poiché la cultura europea è sempre stata patriarcale, la storia ha sempre avuto un punto di vista solo maschile. Edward Carr, nel suo saggio What is History?, tradotto da noi con il titolo Sei lezioni sulla storia, spiega come la storia sia costruita da interpretazioni, e queste interpretazioni riflettano, più o meno consapevolmente, la concezione a cui l’individuo che le formula aderisce. Occorre essere consapevoli di questo e non considerare la storia come un insieme di nozioni immutabili ed oggettive, come può esserlo la chimica o la matematica.

Ogni ricostruzione storica è necessariamente parziale, in quanto dipende dalle fonti disponibili, dalla scelta dello storico all’interno di queste fonti e da altri parametri, ma una storia che non tenga conto della prospettiva femminile risulta gravemente amputata: non è un caso che le femministe abbiano voluto riportare alla luce i nomi delle pensatrici, poetesse, filosofe, artiste del passato: io mi sento incompleta come donna senza un riflesso storico in cui specchiarmi, senza poter scorgere la parte della cultura e della civiltà fatta dalle donne perché rimasta sotto la superficie della storia. Ora, non è che io con questo voglia sminuire le grandissime personalità maschili che sono emerse nella storia, né sostenere una sorta di “pari opportunità” nelle antologie, nei libri di storia dell’arte e di storia.

Quello che chiedo è che alle donne del passato sia data la possibilità di fare sentire la loro voce al pari degli uomini; non perché sia necessario dedicare uno spazio alla “letteratura femminile”, alla “pittura femminile” o alla “filosofia femminile”, ma perché la letteratura, la storia e la filosofia non devono avere sesso, e perché cancellando la prospettiva femminile si asseconda l’idea che il ruolo delle donne sia stato irrilevante.

Se non ricostruiamo il ruolo e la condizione delle donne nei vari periodi storici, non potremo comprendere come la cultura patriarcale si sia sviluppata, a partire dalla necessità di controllare il corpo femminile per garantire la legittimità della successione ereditaria e quindi la trasmissione del patrimonio dal capofamiglia ai suoi figli, fino ad arrivare alla forma strisciante che assume oggi, un residuo impigliato nella mentalità comune che si stende sulla corsa delle donne come una rete, imprigionandole in una gabbia di pregiudizi e stereotipi e tarpando loro le ali.

Molti ragazzi e molte ragazze della mia età, 17 anni, ignorano le dure battaglie e la precarietà di diritti come quello di voto e divorzio. Pensano che siano stati concessi naturalmente, perché si era capito che era giusto farlo, perché i tempi erano maturi per farlo, e lo stesso pensano dell’abolizione della schiavitù o della segregazione razziale negli Stati Uniti.

La mancanza della voce di scrittrici, artiste, filosofe nei libri scolastici è un vuoto insopportabile, per chi riesce a rendersi conto che lì “manca qualcosa”, ma per la maggior parte degli studenti è normale che l’unica donna citata in due anni di filosofia, dall’antica Grecia al ‘600, sia Diotima, un personaggio letterario creato da Platone, e non una filosofa. Ipazia, chi era costei?. Questa mancanza è presente anche a livelli istituzionali, come dimostra l’assenza del femminismo fra gli eventi salienti del Novecento e l’aver citato una sola scrittrice, Elsa Morante. Che genere di concorso?, si sono domandate al laboratorio Sguardi sulle Differenze.

Non è l’argomento di un giorno, ma la battaglia di ogni giorno.

Bambole Spettinate Diavole del Focolare

Il mese di Novembre volge al termine ed è caratterizzato da una data importante: il 25 Novembre che rappresenta  La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, giornata voluta per commemorare  le sorelle Mirabal nel loro anniversario di morte- assassinate brutalmente- e tutte quelle donne che sono e sono state vittime di violenza.

Purtroppo,nonostante diciamo di vivere in una società civile, siamo costretti a promuovere campagne per cercare di sconfiggere la piaga della violenza nei confronti delle donne, una violenza che spesso viene taciuta in quanto avviene anche in ambito familiare.

Ogni anno in Italia più di 1.000.000 di donne subiscono forme di violenza e nella maggior parte dei casi non c’è nessuna denuncia. Il 70% degli stupri è opera di partner o familiari.Più di 2 milioni e mezzo di donne subiscono comportamenti persecutori. E più di 7 milioni violenza psicologica. Solo il 18% delle donne…

View original post 302 altre parole

Steampunk II: Mortal Engines

Il mio percorso nella letteratura steampunk, e parallelamente nel resto di questo affascinante universo, fatto di ingegneri e piloti, guerriere con corsetti e pugnali, gentildonne e ufficiali, mi ha portata ad imbattermi in un romanzo che non avrei mai notato da sola, senza i consigli puntuali di Stefano, il bibliotecario che sa sempre intuire di cosa ho bisogno in quel momento: Macchine Mortali di Philip Reeve.

Sebbene sia uscito nel 2004, passando quasi inosservato, nella collana I Grandi del Fantastico di Mondadori, dove ha l’onore di trovarsi accanto a mostri sacri come Terry Pratchett, Neil Gaiman, C. S. Lewis ed Eoin Colfer, questo romanzo sembra più adatto a questo periodo di riscoperta delle strade alternative del fantasy, lontano dal mainstream di affascinanti vampiri e storie d’amore fra immortali.

Nell’universo immaginato da Reeve ci troviamo in un remoto futuro, dove la nostra civiltà è stata spazzata via dalla Guerra dei Sessanta Minuti, e solo pochi reperti archeologici, computer, androidi semidistrutti e così via, sopravvivono fra le rovine sepolte dal tempo. Per sopravvivere, le città  di quella che un tempo era l’Europa sono diventate enormi macchine semoventi, che si spostano sui cingoli e si predano fra loro, distruggendosi per assimilare le risorse necessarie alla loro sopravvivenza: carburante, macchinari, ecc, mentre le città asiatiche, protette dall’Incommensurabile, una muraglia fortificata, si sono costituite nella Lega Anti-Trazionista per non rinunciare al loro stile di vita sedentario.

Tra queste città, la protagonista del romanzo è Londra, governata dalla Corporazione degli Ingegneri a capo della quale vi è il sindaco Magnus Crome. La storia inizia quando il giovane Tom Natsworthy, Apprendista Storico, viene scelto per partecipare ad una spedizione in cerca di reperti nel Ventre della città, la gigantesca e caotica Sala Macchine, insieme al capo degli Storici, Thaddeus Valentine, e a sua figlia Katherine. Qui Thaddeus viene aggredito da una misteriosa ragazzina dal viso deturpato da una ferita: Tom riesce a impedire l’omicidio e insegue la ragazza, ma quando scopre il suo nome Valentine lo getta oltre il parapetto, fuori da Londra, nel brullo e desolato Territorio Esterno.

Tom ed Hester Shaw stringono così un’alleanza per sopravvivere e tornare a Londra, e attraverso una serie di avventure si ritrovano ad Airhaven, la città degli aviatori, dove scoprono che un Predatore Meccanico, un androide di nome Shrike, li sta inseguendo per ucciderli. Salvatisi grazie all’aiuto di Anna Fang, pilota dell’aeronave “Jenny Haniver”, i due ragazzini rimarranno coinvolti in un intrigo più grande di loro.

Allo stesso tempo, Katherine Valentine è decisa a scoprire cosa sia successo veramente quel giorno nel Ventre di Londra, e le sue ricerche la condurranno a fare conoscenza con un giovane Apprendista Ingegnere, Bevis Pod, e a scoprire i piani del sindaco Crome per abbattere l’Incommensurabile e fare di Londra la dominatrice del pianeta.

 

Il libro segue parallelamente le storie di Tom e Katherine: il primo è un ragazzo di modeste condizioni sociali, che lavora come Apprendista al Museo e ha sempre vissuto un’esistenza ordinaria, perfino noiosa, mentre la seconda è la figlia di uno degli uomini più importanti e rispettati di Londra, cresciuta negli agi e nelle certezze. Le vite di entrambi sono sconvolte dall’arrivo di Hester Shaw, la ragazzina sfregiata, dalla personalità scontrosa e aggressiva, determinata solo ad uccidere Valentine e disposta a tutto per riuscirci. In seguito all’incontro accidentale con Hester, entrambi saranno costretti a mettere in discussione ciò che hanno sempre considerato la verità e la normalità e a decidere da parte schierarsi.

Katherine e Tom sono dei ragazzini all’inizio della vicenda: incapaci di concepire il male, ingenui, incapaci di reagire e di comprendere le situazioni in cui si trovano, ma con l’evolversi dei fatti acquisiscono consapevolezza e imparano a stabilire che cosa ritengono giusto o sbagliato, al di là delle certezze che hanno sempre avuto. Hester, invece, impara a fidarsi delle altre persone e a lasciarsi andare, raccontando la propria storia e lasciando che l’odio venga lenito dall’affetto per gli altri.

Ho amato i luoghi tratteggiati dell’autore, in particolar modo Batmunkh Gompa ed Airhaven, così come mi sono trovata a sorridere di fronte alla delicatezza con cui sono raccontati i fragili, sconosciuti sentimenti che nascono fra i personaggi, ragazzini sospesi fra l’infanzia, ordinaria e rassicurante, e l’adolescenza, dove ogni certezza vacilla e si è davvero soli di fronte al mondo: l’amicizia fra Hester e Tom, l’amore fra Katherine e Bevis.

Nonostante le 3oo e passa pagine, Macchine Mortali è un romanzo che scorre rapidamente, anche se in certi momenti pecca di scarsa intensità e tensione, e personalmente avrei voluto maggiore “épos” nelle battaglie, specialmente nello scontro finale. Ciononostante, è adatto ad un pubblico molto eterogeneo, dai ragazzini alla ricerca di una storia fantastica e avventurosa agli appassionati di fantasy.