Steampunk

La letteratura steampunk è un filone dove fantasy e avventura si fondono, ambientato in un mondo dove la tecnologia più avanzata è quella di possenti macchine a vapore, un ibrido fra invenzioni futuristiche e archeologia industriale. La letteratura steampunk è diventata un fenomeno di culto per una nicchia di appassionati, dando origine anche ad uno stile (vedi Steampunk girls) che unisce elementi come ingranaggi, catene, fibbie, pelle, occhiali e guanti da pilota a pizzo, medaglioni, orologi da taschino, cappelli a cilindro, ghette, corsetti e altri elementi in stile Belle époque/gotico.

A chi volesse accostarsi a questo fenomeno, suggerisco di iniziare da un libro come Leviathan di Scott Westerfeld, che l’autore definisce come “un romanzo di storia alternativa“, dove la Prima Guerra Mondiale diventa lo scontro fra le potenze Darwiniste, che hanno sviluppato una tecnologia basata su ibridi fra animali geneticamente e macchine, e quelle Cigolanti, che combattono con giganteschi macchinari a vapore.

Il romanzo inizia con il giovane principe Aleksander, figlio dell’Arciduca Francesco Ferdinando ed erede al trono dell’Impero Austroungarico, che viene svegliato nella notte dalla notizia dell’uccisione dei suoi genitori e portato via dai suoi precettori, il pilota Otto Klopp e il conte Volger, a bordo di un Camminatore, un mezzo corazzato d’assalto. Nel frattempo, in Gran Bretagna, la giovane Deryn Sharp, figlia di un pilota dell’aviazione, è decisa a entrare nell’esercito e per riuscirci si finge un ragazzo: il giorno della prova per i cadetti, un volo a bordo di una mongolfiera-medusa chiamata Huxley, una tempesta la trasporta via e finisce per essere salvata dal Leviathan, un dirigibile da guerra inglese ricavato da una balena.

Mentre Deryn, sotto il falso nome di Dylan, dimostra la propria abilità come cadetto sul Leviathan, Alek è braccato dai tedeschi, decisi a eliminarlo, e cerca di raggiungere la Svizzera, territorio neutrale. Complicate circostanze porteranno i due ragazzi ad incontrarsi e a stabilire un’alleanza per sopravvivere alla guerra…

Leviathan è un romanzo gradevole ed avvincente, che ha il pregio di non essere scontato ed è corredato da illustrazioni stupende disegnate da Keith Thompson. I personaggi sono caratterizzati con attenzione, le loro reazioni sono umane e attraverso il progredire delle vicende la loro personalità evolve e matura, riflettendo le difficoltà che dei ragazzini normali, coraggiosi ma non eroici, devono affrontare durante eventi drammatici come una guerra.

Il contesto immaginato da Westerfeld è affascinante, e le precise descrizioni dei meccanismi di funzionamento dei Camminatori, le macchine da guerra Cigolanti dell’Impero, e delle Bestie da Guerra, le creature geneticamente modificate dai Darwinisti britannici, sono davvero immaginifiche. Le descrizioni della vita a bordo del Leviathan e delle sue strane creature da battaglia, i pipistrelli a freccette, che sparano proiettili di metallo in grado di perforare un aereo militare, i batteri luminescenti che producono l’idrogeno necessario alla sopravvivenza del dirigibile, le lucertole messaggere in grado di imitare le voci umane, gli annusatori ad idrogeno, simili a cani con sei zampe e un naso allenato a fiutare le falle nella pelle della balena…le fantastiche invenzioni dell’autore mi hanno colpita dal primo momento. In poche pagine mi sono ritrovata immersa in un mondo assurdo eppure così ben strutturato da sembrare plausibile, seguendo Deryn nel ventre della balena e correndo fra le foreste a bordo di un Camminatore da battaglia a due gambe, modello Cyclop, insieme ad Alek.

Se vi incuriosisce l’idea di un what if? sulla storia della Prima Guerra Mondiale e amate il fantasy e l’avventura, le battaglie e gli imprevisti, questo libro vi fornirà un piacevole intrattenimento per qualche ora. Io personalmente l’ho divorato in un paio di giorni, dopo un lungo periodo in cui avevo letto solo saggistica e tornare alla narrativa fantastica ha risvegliato il mio amore per le storie, facendomi restare avvinta al libro fino alla sua conclusione. Spero di poter leggere anche il seguito, Behemoth. 

Non c’è un modo giusto e un modo sbagliato di essere, nonostante la società si nutra di questa dicotomia. Essere grasse versus essere magre. La società è sempre alla ricerca di un modo per colpevolizzare le donne, spingendole a confinare il loro potenziale nel conformarsi ad un canone estetico, invece che utilizzare le loro energie per l’arricchimento personale, l’autorealizzazione, il miglioramento della società. Vogliono che il nostro scopo nella vita sia la pancia piatta e non la felicità, entrare in una taglia 38 invece dell’indipendenza. E quando fanno i progressisti e si scagliano contro il modello vigente, ne esaltano un altro, invece di gridare che non abbiamo bisogno di questi modelli!

Lunanuvola's Blog

25 novembre, “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”. Se fate tale ricerca sul web in questi giorni troverete un bel mucchio di articoli e riflessioni su violenza domestica, femminicidio, stupro. Probabilmente vi aspettate che anch’io scriva di questi temi in occasione del 25 novembre, ma la verità è che lo faccio già per circa 200/250 giorni l’anno – i restanti sono dedicati alle altre cose che mi interessano in questo mondo, e vi assicuro che sono tante. Per cui, vorrei invece cogliere l’occasione per parlare di un’altra forma di violenza contro le donne, quella che in nome del loro “benessere” o del loro “successo” comincia a farle oggetto di bullismo da quando frequentano le scuole elementari: e ormai ci sono abbastanza casi per dire che si sta scivolando verso il “da quando indossano il grembiulino dell’asilo”. Mia nipote, uno scricciolo che oggi ha 10 anni, lo frequentava ancora quando…

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Patriarcato e identità maschile

Il mio post precedente voleva fornire una prospettiva generale sul patriarcato, le ragioni per cui esso trae forza dal binarismo di genere e le conseguenze di questo sull’identità maschile, dal momento che avevo dedicato uno spazio molto ampio a considerazioni ai condizionamenti inflitti alle bambine e al ruolo femminile in questo sistema di potere. Il femminismo non è mai stato contro gli uomini. In un sistema basato sull’oppressione, anche gli oppressori finiscono per essere oppressi dal sistema. 

Sto scrivendo questi post perché so che la consapevolezza da parte di ragazzi e uomini di questi meccanismi è la reale chiave del cambiamento: finché queste tematiche saranno relegate a “questione femminile”, finché non si creerà una nuova sensibilità nei confronti del problema, che coinvolga tutti, uomini e donne, non ci potrà essere nessuna reale soluzione.

Fin da una giovane età, ai ragazzi vengono messe camicie di forza emozionali sartoriate da un ristretto codice di comportamento che definisce falsamente la mascolinità. Nel contesto di “smetti di piangere”, “ferma quelle emozioni”, e “non fare la checca”, definiamo cosa significa “Sii un Uomo!”. Aderire a questo “codice del ragazzo” lascia molti uomini dissociati dai loro sentimenti ed impossibilitati ad accedere, nominare, condividere o accettare molte delle loro emozioni. Quando gli uomini non comprendono le loro stesse emozioni diventa impossibile comprendere i sentimenti di un’altra persona. Questo crea un “disordine da deficit di empatia” che è fondamentale per l’epidemia americana di bullismo, abusi durante gli appuntamenti e violenza di genere. Ai ragazzi viene insegnato ad essere tosti, indipendenti e ad evitare ad ogni costo qualunque cosa considerata femminile per paura di essere associati con le donne. Questo porta molti uomini a rinunciare alla comune umanità con le donne in modo da sentire una disconnessione emozionale con loro. Le donne diventano spesso oggetti, usati per validare l’insicurezza mascolina o per soddisfare bisogni fisici. Quando la validazione e la soddisfazione finiscono, o [il maschio] viene riempito di rabbia, controllo o alcohol, la violenza di genere è spesso il risultato. Joe Ehrmann, da “Men can stop rape”.

Coloro che sono “programmati” dalla cultura patriarcale per essere oppressi vengono educati a rinunciare alle loro emozioni, perché devono mantenere il controllo e non sentirsi solidali ed empatici con le donne. Sacrificare le emozioni deve servire, quindi, a rafforzare le differenze, a creare distanza e barriere che impediscano il riconoscimento reciproco come individui, come eguali: è lo stesso principio su cui si basano le segregazioni dei neri durante l’apartheid e la ghettizzazione degli ebrei, con l’uso della stella di Davide per qualificarli immediatamente come diversi.

Il sessismo si aspetta di rinforzare il binarismo di genere. Esso chiama una donna “mascolina” per essersi tagliata i capelli corti, per lavorare con le macchine e per fare sport. Esso dice ad un ragazzo di “comportarsi da uomo” perché gli piace cucinare. Usa ogni insulto che implica la femminilità per degradare un uomo che non vive secondo le aspettative della società che gli indicano come debba essere: “una puttanella”, “una femminuccia”, “non lasciare la vagina in mezzo alla porta mentre esci.” Tutto ciò è la nozione che esplicita il fatto che la cosa più brutta del mondo è l’essere donna. E’ il modo in cui vengono trattate in tribunale le battaglie per la custodia. E’ il presupposto che la donna avrà l’affidamento, perché le donne sono badanti e gli uomini vanno a lavorare. Perché ogni donna che mette la carriera davanti alla famiglia è senza cuore, e ogni uomo che mette la famiglia davanti alla carriera è uno sconfitto. Alisse Desrosiers, da “This Is What Sexism Looks Like”.

Tutto ciò che comporta femminilità è svilente per un uomo, secondo la mentalità comune  impregnata di patriarcato. Questa è la ragione per cui una grande preoccupazione dei genitori è che se il loro figlio maschio manifesta interessi considerati femminili, allora potrebbe effeminarsi e “diventare gay”. La virilità è un valore sociale, una fonte di prestigio, e le madri si sentono in dovere di tutelarla, di preservare i loro figli dalla femminilità. Finché l’educazione procederà in questa direzione, sarà impossibile che la società possa uscire dalle gabbie su cui è costruita. Finché l’educazione procederà in questa direzione, l’omosessualità maschile sarà sempre vista con disgusto, e gli omosessuali saranno aggrediti e picchiati perché portano la colpa di “tradire” l’idea di virilità con la loro stessa esistenza. Su di loro graverà sempre uno stigma, perché “si rifiutano” di essere i Maschi che la società vuole che siano.

Ora, non fraintendetemi. Questo non significa che il femminismo abbia come ideale l’uomo omosessuale o la femminilizzazione del maschio. Come femminista, credo semplicemente nella necessità di un mondo dove nessuno porti delle camicie di forza emotive, dove la società non imponga dei valori-modelli di comportamento che si trasformano in macigni sulla schiena di ognuno e che comportano l’esclusione di chi non li rispetta. Credo in un mondo dove ognuno possa essere libero di autodeterminarsi, di decidere chi vuole essere senza costrizioni esterne. Credo in un mondo dove le possibilità non siano “maschio” e “femmina”, ma siano tante quante le persone.