Il solo fatto che il padre di Federico Barakat si sia presentato all’incontro con suo figlio armato di pistola e coltello dimostra la premeditazione, e quindi la fondatezza delle ripetute denunce della madre di Federico. Il fatto che nessuno si sia accorto del fatto che l’uomo fosse armato dimostra inoltre che i pregiudizi offuscano la realta’ in modo inaccettabile.
Questa vicenda merita la massima attenzione.
DonnexDiritti di Luisa Betti Dakli
Federico Barakat
di Luisa Betti
Federico Barakat è stato ucciso a otto anni dal padre nelle stanze dei Servizi sociali di San Donato Milanese durante un incontro protetto, colpito prima con una pistola e poi con 24 coltellate senza che nessuno fosse presente e in grado di proteggerlo malgrado fosse in affidamento ai servizi sociali e malgrado gli incontri fossero vigilati. Era il 25 febbraio del 2009 e Federico era in quelle stanze perché un provvedimento del tribunale dei minori aveva deciso che il piccolo dovesse incontrare il padre malgrado fosse stata la madre, Antonella Penati, a rivolgersi al tribunale dei minori per la richiesta di decadenza della podestà paterna dopo che il suo ex era ricomparso dal nulla con la pretesa di avere con sé il bambino anche con la minaccia. Ma “per la tutela dello sviluppo del minore e del suo bisogno di crescita” – come…
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poche vicende mi hanno fatto vibrare di indignazione quanto questa
sono io
Hai anche un’identità segreta, adesso? Non che m’importi, ma sappi che i tuoi commenti sono sempre benvenuti qui ^^
Anche a me. Ci sono così tanti campanelli d’allarme che sono stati ignorati, e anche ora Antonella Penati sta combattendo per vedere riconosciuto il fatto che sono state scelte deliberate a condurre alla morte di suo figlio.
Spero ci riesca.
Un errore gravissimo, imperdonabile, commesso da un’Istituzione che avrebbe dovuto proteggere il giovane ed impedire atti inconsulti, specie estremi come questo.
Questa vicenda fa vedere platealmente come il sistema in questo caso abbia fallito, e poi qualcuno avrebbe dovuto controllare il fatto che fosse armato.
Cristina Obber ha scritto un post sul suo blog in cui diceva, in sintesi, che è una beffa chiamarli “incontri protetti” se poi a conti fatti le istituzioni non sono in grado di fornire alcuna protezione. E ha ragione.